La Tatanta
Nel Salento Normanno, intorno all’anno 1000, nasce il fenomeno del
tarantismo. Il rito della tarantola nasce con il conflitto cristiano e islamico
e con trattati medici dove si attribuiva ad un tipo di musica l’antidoto al
veleno della tarantola. Il Salento è una delle poche terre d'occidente dove un
rito tribale di adorcismo è resistito fino ai nostri giorni.
Essere morsi dalla taranta era infatti una disgrazia che segnava la
vita delle donne e delle ragazze, che per questo motivo rischiavano di essere
emarginate dalla comunità.
Succedeva, infatti, che durante il lavoro nei campi, nel periodo di
Giugno, una donna, raramente un uomo, potesse essere punta dalla taranta
nascosta tra le erbacce e dopo poco tempo iniziava a manifestare uno stato di
malessere psicofisico che la portava in uno stato di frustrazione profonda fino
a farla entrare in uno stato di trans spasmodico da cui non usciva più. I
famigliari riconoscevano in questi sintomi la taranta che si era insinuata in
lei e non potevano far altro che chiamare i suonatori per uccidere il ragno con
la terapia musicale. Il rito di guarigione durava anche per giorni fino a quando la paziente
sentiva che la taranta era morta. Purtroppo era una guarigione temporanea
perché la “malattia” ritornava puntuale ogni anno segnando anche per sempre la
vita della donna.
Dopo queste terapia le tarantate andavano in pellegrinaggio il 29
Giugno a Galatina, giorno in cui la città commemora San Paolo, il santo
protettore dei morsicati da animali velenosi e presso la piccola Cappella di
San Paolo, prima si mettevano a ballare per ricordare la terapia che le aveva
guarite, poi bevevano l’acqua benedetta del pozzo posto alle spalle dell’altare
della Cappella. Molto spesso le tarantate nella ricerca disperata della grazia
del santo trasformavano le loro danze in spasmodiche e disperate contorsioni
che portavano le tarantate anche ad arrampicarsi sull’altare di San Paolo, la
cui statua, infatti, veniva in quei giorni portata via dalla chiesa, per
evitare che potesse rompersi.
Le tarantate provenivano dal ceto sociale povero del Salento e la loro
condizione pesavano gravemente sulle finanze della famiglia, che era a volte
costretta ad indebitarsi per pagare i suonatori.
Il fenomeno, inoltre, si ripeteva periodicamente ad ogni ritorno
dell’estate e vi era un legame simbolico con i colori perché non vi era un unico
ragno ma tanti tipi di taranta con propri “temperamenti”, così vi era la
pizzicata attratta dal rosso che era stata morsa dalla taranta rossa, quella
ipnotizzata dal verde aveva dentro la taranta verde e così via. Per capire
“quale” ragno aveva pizzicato la tarantata, all’inizio della “terapia” venivano
mostrati alla donna vari nastrini colorati tra cui sceglieva quello
corrispondente al colore della taranta che l’aveva avvelenata e in base a
questo colore si eseguivano anche le musiche corrispondenti. Le tarantate
infatti non ballavano con ogni tipo di sonorità ma solo sentendo una
determinata musica che “scazzicava” (rimuoveva) una determinata taranta.
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